BEACHCLUB2010®

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Credo che anche l’ITF dovrebbe essere sicura che ogni giocatore abbia un certificato di abilitazione sportiva perché comunque non dimentichiamo che il beach tennis non è solo uno sport a tutti gli effetti ma si gioca anche in situazioni climatiche che metterebbero a rapentaglio chiunque.

Paolo Tronci

PAOLO TRONCI

Per il decimo compleanno del nostro BEACHCLUB2010® abbiamo pensato di cogliere l'occasione e dare la parola a quelli che sono stati al nostro fianco lungo tutta la strada - e anche prima. Abbiamo parlato con giocatori, organizzatori e commentatori che ci hanno raccontato la loro storia del beach tennis.

Paolo Tronci, 55, non è un giocatore di beach tennis come tutti gli altri. Paolo Tronci, il vecchio, è un giocatore speciale - com'è anche una persona speciale. Perciò da questa intervista ne è uscita fuori una speciale, una talmente approfondita, che aveva bisogno di più parti. Un’intervista fatta con videochiamata che meritava essere pubblicata in originale. Invece l'abbiamo riportata per iscritto sul nostro sito. Paolo Tronci, da giovane un grande tennista, è entrato nel mondo del beach tennis nel lontano 2006, nei tempi in cui la coppia Matteo Marighella e Alex Mingozzi dominava ancora questo sport e l'ITF doveva ancora prenderlo in mano. Paolo Tronci in tutto il mondo del beach tennis non è conosciuto solamente per il suo gioco spettacolare, ma soprattutto per il suo comportamento da sportivo fuori dal campo. In tutti questi anni Paolo e la sua splendida famiglia sono diventati cari amici del nostro BEACHCLUB2010®, seguendoci nei vari tornei per la Germania. La gita di Paolo sulle spiagge della sua Sardegna, ma anche su quelle di tutto il mondo, continuerà - e noi lo seguiremo.

Con noi ha parlato dell'inizio della sua carriera, il segreto del suo gioco ed i viaggi più belli nel mondo del beach tennis.

LA PERSONA

  • 25 gennaio 1965
  • Cagliari/Italia
  • Cagliari/Italia
  • Giocatore
  • 55 anni

#beachtennis #beachclub2010 #vecchio #paolotronci #italia #sardegna


A parte questo non dovresti nemmeno viaggiare, abiti in un posto bellissimo, la Sardegna, con la spiaggia del Poetto davanti a casa. Cosa significa per te giocare sulla tua terra?

È vero, vivo in un posto meraviglioso, ancora oggi dopo aver girato il mondo non lo so se lo scambierei con qualche altro posto. Veramente ho dei seri dubbi. Non sono per niente contento sicuramente della politica sia regionale che italiana degli ultimi anni, ma da quando ci ho capito qualcosa, diciamo 25 anni, una vergogna tutto. Perciò è quello che un po’ mi dispiace. Però davvero la Sardegna, la mia Cagliari, non la cambierei con nessuna città al mondo. Giocare nella mia terra sicuramente è quello che mi ha dato alle volte le emozioni più grandi, la voglia di fare il meglio possibile. Ho dei ricordi che sono legati, ad esempio proprio quando battei Alessandro Calbucci due settimane prima a New York, mi ricordo che uscí un articolo sul giornale, e cosa è successo? Che tutti i Sardi mandavano questo articolo a Calbucci, orgoglioso com’è giustamente se la prese di quest’articolo che venne fuori. E quindi c’era il torneo internazionale due settimane dopo in Sardegna. Io forse ero in uno dei momenti migliori della mia carriera beachtennistica, mi iscrissi con Maurizio Di Cori, raggiunsi la finale di questo torneo, e sinceramente feci forse una delle prestazioni migliori della mia vita. Trovai un Calbucci che me la promise prima: vengo a Cagliari e ti vinco il torneo. Si prese la rivincita due settimane dopo, lui giocò con Andrea Penza. Mi ricordo una giornata in cui c’erano le frecce tricolore, una giornata particolare. Io giocai al massimo delle mie possibilità e la partita finí 6-4, 6-4 con qualche prodezza fatta da Calbucci impressionante e che ci tolsero la vittoria.

Poi un bellissimo ricordo con Fabrizio Avvantaggiato con cui vinsi il torneo internazionale ad Oristano battendo in finale Alessio Chiodioni e Marco Montanari. Mi ricordo che in finale vincevamo 6-0, 4-0, poi ci siamo distratti un po’ e abbiamo vinto comunque in due set; avevamo fatto una prestazione eccezionale. Forse la cosa più incredibile successe in uno dei primi tornei che feci con Antomi Ramos, arrivai in semifinale in un torneo G1, giocai contro Alessandro Calbucci e Marco Garavini che all’ora erano i numeri uno del mondo, imbattuti, vincevano tutti i tornei. Primo set 6-0 per loro, c’era tantissima gente, e Antomi era bloccato, non era lui. E mi ricordo mi venne questa cosa al lato di campo, l’ho preso a urla, ho detto basta, ma ti vuoi svegliare, non è possibile. Insomma, da questo momento giocò come una macchina e arrivammo 4-2 per noi al terzo set, batteva Calbucci, 15-40, due palle per andare 5-2, poi battere due volte nel campo buono, e c’era molto vento. Calbucci prese un nastro, il nastro prese la riga, insomma tre punti così, 4-3, 4-4, perdemmo 7-5 al terzo. Poi loro vinsero facilmente la finale. Poi anche qualche volta sono stato sfortunato in Sardegna. Mi ricordo un anno lo stesso con Antomi Ramos, mi feci male il giorno prima di giocare il torneo, ed un'altra volta con Ramon Guedez feci una bellissima prestazione, solo che lui arrivò il giorno prima dal Venezuela, mi disse che non riusciva a dormire, per cui perdemmo lottatissimo contro Theo Irigaray e Mathieu Guegano, che poi fecero un anno meraviglioso.

  • Paolo Tronci
    Intervista 2020
  • Paolo Tronci
    IFBT WC 2007, Marina di Ravenna
  • Paolo Tronci
    IFBT WC 2006, Marina di Ravenna

Il beach tennis era partito nelle spiagge romagnole, ma ora ci sono anche degli atleti sardi che girano. Riccardo Manenti ed Andrea Reginato per esempio l’anno scorso hanno avuto ottimi risultati nella tappa di Finale Ligure del nostro Beach Tennis Tour Liguria. Come lo vedi lo sviluppo in Sardegna?

Allora faccio due divisioni. Riccardo Manenti ed Andrea Reginato non stanno girando, ma sono giovani, e non sono solo dei giocatori, sono la promessa del beach tennis italiano. Perché comunque io li giudico non perché sono Sardi, ma perché sicuramente valgono tranquillamente tra i primi 25 o 30 giocatori del mondo attualmente. Anche come coppia potrebbero entrare nelle prime 16 coppie del mondo. Purtroppo, stanno studiando, hanno vari impegni, devono trovarsi uno sponsor, ma ormai sono li, arrivano, nel senso che manca solo che loro facciano una stagione piena di beach tennis per entrare nel ranking che meritano, sono due giocatori fortissimi. Per quanto riguarda invece la Sardegna: La Sardegna, che per anni è stata una delle regioni assieme alla Toscana, che diciamo non risentivano un po’ della crisi del beach tennis, secondo me complice tanto, sempre brutto tempo, venti e mareggiate. Giá da quest’anno la Sardegna ha calato tantissimo per quanto riguarda i praticanti. Un bel po’ di gente si è dedicata al padel, ma questo è un fenomeno che io vedo già da tanti anni in Italia, nel senso che in Italia c’è sempre meno gente che si sta impegnando a giocare al livello agonistico. Ormai la realtà veramente nel beach tennis va vista in chiave mondiale. È verissimo che l’Italia è stata tra i primi, è verissimo che il beach tennis è nato nelle spiagge romagnole, che tutta la tradizione e la storia parte da lì, ma adesso il beach tennis è il mondo, si gioca molto di più al livello internazionale che al livello nazionale in Italia. Credo che ormai la maggior parte dei giocatori sia in Sudamerica, in cui anche il livello di gioco, è da due anni che il Brasile vince la coppa delle nazioni e quindi – un po’ è cambiato.

Per quali motivi secondo te il movimento si sta rallentando?

Ho detto che già in Sardegna sta rallentando malgrado l’impegno eccezionale degli organizzatori e di qui alle associazioni. Secondo me non è facile, quali sono i vari motivi? Io penso che innanzitutto il beach tennis si regge sugli organizzatori che sono dei veri e propri amanti – persone che amano questo sport, e quindi si prodigano, organizzano, praticamente mai nessuno ci ha guadagnato qualcosa. E cosa sta succedendo? L’Italia, come penso anche in altri paesi d’Europa, organizzare qualcosa, che sia il beach tennis o il calcio e qualche altra cosa ha dei costi sempre più difficili. Io sono amico di organizzatori e mi hanno detto: Guarda Paolo, io non so più se organizzo, mi è venuto a controllare la finanza, la Siai, la capitaneria di porto, c’era un po’ di musica e mi hanno detto che devo pagare non la tassa delle fiere ma quella ... Praticamente mi hanno spiegato della difficoltà che hanno per stare a norme. È difficilissimo, sono dei costi improponibili. Quindi cos’è successo, che anche in questi anni le quote d’iscrizioni a 20 euro, dove magari anche un ragazzino deve prendersi il treno, la macchina, deve pagare la benzina, andare a giocare dove poi rischia di fare una partita e ha speso, così per essersi mosso dalla mattina alla sera sui 100 Euro. Sono cose che purtroppo non si può permettere. Quindi sicuramente anche l’Italia sta entrando in una fase di recessione dove le famiglie non possono spendere i soldi, i giovani devono stare attenti.

  • Paolo Tronci
    ITF WC 2015, Cervia
  • Paolo Tronci
    Porsche BT Grand Prix 2012, Stuttgart
  • Paolo Tronci
    IFBT WC 2008, Marina di Ravenna

Come lo vedi tu lo sviluppo del beach tennis dai primi anni della IFBT di Gianni Bellettini ad oggi?

Innanzitutto, se mi nominate Gianni Bellettini dovrei stare a parlare delle ore di lui perché sicuramente è una persona di cui ho una stima immensa e che comunque è una persona particolare, con dei difetti, come ce li abbiamo tutti, ma una persona di una creatività unica. Non dimentichiamoci che Bellettini non solo ha praticamente fondato il primo beach tennis con una sorte di regole d’inizio – da solo – senza ovviamente nessun supporto di una organizzazione solida sulle spalle che potesse fargli appunto decollare e regolamentare questo sport. Ma lui contemporaneamente organizzava gare di altre specialità, di arte marziali, scriveva libri, inventava e progettava racchette, marchi, abbigliamento. Una persona, che quando mi può capitare che sono a Ravenna forse è la prima persona con la quale mi metto con lui davanti al tavolo a mangiare una pizza. Lui ha fatto tantissimo per il beach tennis, però chiaramente non poteva essere la persona da sola senza poter puntare su una organizzazione solida per regolamentare in una maniera precisa e perfetta come lo ha adesso il beach tennis. Per cui da quando poi le federazioni dei vari paesi si sono unite e l’ITF ha iniziato a gestire il circuito in maniera esemplare con calendario, ranking e tutto questo. Io penso che adesso, per quello che noi possiamo richiedere, il beach tennis è organizzato in una maniera bellissima. Se io devo fare un appunto, una cosa che reputo ancora assurda, che – ovviamente io sono uno tesserato italiano, faccio la visita medica, per cui la mia federazione certifica che sono un giocatore abilitato a giocare nel circuito ITF. Però io non lo so e non credo che tutti gli altri giocatori, tutte le altre federazioni stiano attenti a questo aspetto che secondo me è fondamentale, quello di avere una certificazione medica che mi consenta di giocare. A me l’ITF non chiede il certificato medico. Io ce l’ho perché è la mia federazione che sta attenta a queste cose. Però credo che anche l’ITF dovrebbe essere sicura che ogni giocatore abbia un certificato di abilitazione sportiva perché comunque non dimentichiamo che il beach tennis non è solo uno sport a tutti gli effetti ma si gioca anche in situazioni climatiche che metterebbero a rapentaglio chiunque. Ecco, questa è una cosa che non ho ancora capito come mai non è stata esaminata dalla ITF.

Le nuove regole come aiutano?

Per quanto riguarda le regole con la rete a 1,80 metri, non ho le idee molto chiare, ho fatto solo un torneo a Santos, poi subito dopo nessuno di noi si è più potuto allenare a causa del coronavirus. Posso dire che secondo me probabilmente è stato un giusto tentativo per fare in modo che magari gli scambi durassero di più e questo sembra che sia così. Ho pensato che si sarebbero avvantaggiati esclusivamente comunque i giocatori forti e alti, e poi ho visto che ci sono stati dei ragazzini neanche troppo alti che hanno combattuto alla pari con i giocatori più forti. Per certi versi a me personalmente mi avvantaggia, perché comunque è più difficile velocizzare il gioco con la palla a fin di rete, la velocità è una cosa tipica dei giovani, con la rete più alta è un po’ più difficile. Però è anche vero che magari lo scambio può durare di più e quindi è più facile prender le palle che ti fanno andare a fondo campo, quindi può essere anche un vantaggio o uno svantaggio a seconda se uno è giovane o meno. Quindi dobbiamo un po’ aspettare secondo me, almeno i primi tre mesi di risultati per capire chi si riesce ad adattare. Sicuramente è più difficile servire e servire in una maniera precisa, perché comunque con la rete più alta fai molto più fatica a trovare degli angoli e fare abbassare la palla.

Cosa dovrebbe succedere per fare i passi grandi nel mondo del beach tennis. Tipo TV ed Olimpiadi?

Io dico no, prima di queste due cose c’è una cosa importantissima che manca. Fra l’altro mi è capitato da poco di compilare un file della ITF che me lo chiedeva e ho scritto questo: Secondo me la prima cosa da fare è che ci sia un addetto stampa, – visto che comunque è uno sport internazionale, gestito dalla ITF, organizzatissimo, e quindi non è possibile che ad oggi non ci sia in ogni nazione dove si gioca un addetto stampa che si occupi della propria nazione, che scriva settimanalmente un articolo che parli del beach tennis. Io sono sicuro che un giornale come La Gazzetta dello Sport o il Corriere dello Sport in Italia, giornali simili negli altri paesi e se ci fosse un collegamento serio con l’ITF e un giornalista incaricato, sarebbero tranquillamente d’accordo nel poter pubblicare settimanalmente un articolo dedicato a questo sport. Questo sicuramente susciterebbe un’attenzione maggiore, un riconoscimento maggiore e sarebbe già il primo passo, anche quello più facile da seguire. Poi per quanto riguarda la TV e le Olimpiadi, io lo vedo come delle cose che vengono dopo, devono essere meritate sia dal punto di numero di persone che gioca, sia dagli sponsor. E in merito alle Olimpiadi ovviamente credo che ci siano degli sport che hanno atteso degli anni per entrarci, quindi io non credo che si possa parlare di quattro o otto anni, secondo me ci vorrà ancora tanto. E quindi step by step penso siano queste le cose da fare; presenza nei giornali, parlarne, conoscere, sentire, creare tutta una cultura di questo sport, perché ancora è molto limitata a chi lo pratica e a chi gli sta vicino.

Maximilian Hamm, Maggio/Giugno 2020